Semplificazione, la Giunta approva la PdL

La giunta regionale ha approvato la Proposta di Legge n. 337 – Legge di semplificazione e riordino normativo 2009".

Relazione illustrativa

Titolo I – Disposizioni generali

Capo I – Disposizioni generali

Con la proposta di legge si fa confluire in un unico atto una serie di interventi normativi finalizzati all’attuazione degli obiettivi delineati nel PIR 4.4 "Efficienza, riorganizzazione, semplificazione" del programma regionale di sviluppo, ossia principalmente "ridurre significativamente gli oneri e gli adempimenti che il sistema della pubblica amministrazione statale, regionale e locale pone, in Toscana, a carico delle imprese, delle altre persone giuridiche pubbliche e private e degli individui".

Tali obiettivi possono essere perseguiti sotto un duplice profilo: da una parte l’effettiva rimozione (o la significativa riduzione) di adempimenti amministrativi superflui o eccessivi e dei relativi costi, tenendo conto dei vincoli ordinamentali (Unione europea, legislazione statale); dall’altra la riduzione dei tempi per l’espletamento di adempimenti o per lo svolgimento di procedure non eliminabili, in quanto finalizzate a perseguire interessi pubblici meritevoli di tutela e di regolazione.

Anche i tempi burocratici eccessivi costituiscono infatti costi, da intendersi sia come costi-opportunità derivanti dall’eccessiva lunghezza dei tempi di conclusione dei procedimenti, sia come costi informativi connessi agli adempimenti regolatori (raccolta e fornitura delle informazioni alle diverse pubbliche amministrazioni coinvolte).

A questi ambiti di azione fanno riferimento gli interventi e le modifiche alla normativa regionale che la proposta che qui si illustra intende realizzare in materia di procedimento amministrativo, di procedimento dello sportello unico per le attività produttive e di conferenza di servizi.

In una prospettiva di semplificazione normativa, la proposta contiene una sezione dedicata all’abrogazione di un considerevole numero di leggi regionali che hanno esaurito la loro vigenza o la cui applicazione non ha più ragion d’essere.

La proposta di legge in materia di semplificazione costituisce attuazione delle disposizioni statutarie, in particolare di quelle attinenti al procedimento amministrativo e nel suo insieme del principio di semplicità dei rapporti fra cittadini, imprese e istituzioni a tutti i livelli. Di conseguenza l’articolo 1 stabilisce che le disposizioni della legge possono essere abrogate soltanto espressamente e per alcuni istituti di semplificazione se ne prevede l’applicazione anche agli enti locali in virtù del principio di uniformità.

L’articolo 2 della proposta prevede che nel Programma regionale di sviluppo, e relativi aggiornamenti annuali, siano definite, in un’apposita sezione, le strategie di semplificazione, vale a dire le linee fondamentali e gli interventi qualificanti dell’azione di semplificazione amministrativa regionale, da attuarsi anche mediante periodici interventi legislativi.

Tutto ciò al fine di raggiungere entro il 2012 l’abbattimento del 25% degli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, come previsto dall’articolo 9 dell’accordo Stato-regioni-autonomie locali stipulato il 29 marzo 2007, in conformità alle conclusioni del Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007. La Regione inoltre assume l’impegno a effettuare, d’intesa con gli enti locali, un costante monitoraggio sullo stato di attuazione della legge, convocando almeno ogni due anni gli stati generali della pubblica amministrazione.

Gli articoli 3 e 4 della proposta prevedono due misure generali di semplificazione dei rapporti fra cittadini e pubblica amministrazione, attraverso l’utilizzo della telematica sia nei flussi verso l’amministrazione sia nei flussi versi i cittadini.

I soggetti coinvolti sono da un lato i privati, dall’altro la Regione e gli enti da essa dipendenti, gli organismi di diritto privato, comunque denominati, controllati dalla Regione, le aziende sanitarie e gli enti del servizio sanitario regionale, gli enti locali, i loro consorzi, associazioni e agenzie, gli enti dipendenti e strumentali degli enti locali, i concessionari di servizi pubblici regionali o locali, gli organismi di diritto privato limitatamente allo svolgimento delle attività di pubblico interesse.

In particolare l’articolo 3 prevede che il cittadino che si rivolge alle amministrazioni può farlo utilizzando la posta elettronica semplice se invia comunicazioni semplici o richieste di informazioni oppure utilizzando la posta elettronica certificata o altre modalità che garantiscano l’identificazione informatica del mittente ai sensi del codice dell’amministrazione digitale e del d.l. 185/2008, convertito, con modificazioni nella legge 2/2009, se invia dichiarazioni e istanze.

Riguardo i flussi delle amministrazioni versi i cittadini, al fine di evitare la difficoltà di reperire gli indirizzi digitali delle amministrazioni o dei loro singoli uffici, le amministrazioni devono attivare un domicilio amministrativo telematico che costituisce l’interfaccia unico delle stesse verso i cittadini, restando inteso che incombe all’amministrazione ricevente inoltrare l’istanza all’ufficio competente.

Al fine di rendere agevole ai cittadini la ricezione delle comunicazioni delle amministrazioni senza imporre loro l’obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si prevede la possibilità di comunicare un indirizzo di posta semplice, denominato domicilio digitale.

La proposta fa salvo quanto previsto dalla normativa statale, che in relazione a particolari categorie di utenti impone oneri maggiori, quali l’obbligo di dotarsi di posta elettronica certificata o altri analoghi dispositivi.

Al fine di evitare da un lato che il cittadino debba, ogni volta che si relaziona con un’amministrazione, comunicare il proprio domicilio digitale e dall’altro che un’amministrazione possa utilizzare il domicilio digitale di un privato solo se questo lo ha specificamente ad essa comunicato, è istituito l’archivio dei domicili digitali, gestito dalla Regione.

In esso confluiscono tutti i domicili digitali comunicati dai privati a qualunque amministrazione della Toscana ed è al tempo stesso accessibile a tutte le amministrazioni. L’archivio può contenere anche i profili di fruizione dei servizi digitali operanti sull’infrastruttura di rete regionale.

Titolo II – Interventi di semplificazione di carattere generale

Capo I – Disposizioni in materia di procedimento amministrativo

Sezione I – Accesso ai documenti amministrativi

Le innovative previsioni dell’articolo 54 dello Statuto della Regione Toscana in tema di procedimento amministrativo e di diritto di accesso sono alla base di alcuni interventi significativi contenuti nella proposta. Lo Statuto all’articolo citato prescrive in particolare che "tutti hanno diritto di accedere senza obbligo di motivazione ai documenti amministrativi, nel rispetto degli interessi costituzionalmente tutelati e nei modi previsti dalla legge" (comma 1) e che "la legge assicura il contraddittorio degli interessati alla formazione dei provvedimenti e prevede l’individuazione del responsabile della correttezza e della celerità del procedimento, la cui conclusione è garantita entro un termine certo" (comma 2).

Si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 372 del 2004, ha affermato che l’ampliamento del diritto d’accesso qui configurato è pienamente conforme al principio di imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa, nonché coerente con l’evoluzione del diritto comunitario, ed ha altresì precisato che la materia rientra pienamente nella competenza regionale in quanto riconducibile all’organizzazione e al funzionamento, così aprendo la strada ad eventuali ampliamenti rispetto alla disciplina statale.

D’altro canto, la stessa legge nazionale (l. 241/1990) qualifica le disposizioni in materia di diritto di accesso come attinenti ai "livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali" (art. 22, comma 2), riconoscendo pertanto alla Regione la potestà di garantire ulteriori livelli di tutela.

L’articolo 5, comma 3 della proposta prevede per tali ragioni l’estensione anche agli enti locali dell’innovativa disciplina in materia di accesso, dando comunque un termine per l’adeguamento dei rispettivi ordinamenti non superiore a due anni dall’entrata in vigore della legge. Si segnala l’estensione dell’accesso ai consorzi e agli enti strumentali costituiti dagli enti locali, alle aziende sanitarie, nonché ai gestori dei servizi pubblici locali e ai privati, limitatamente allo svolgimento di attività di pubblico interesse.

Dal punto di vista redazionale, diversamente da quanto ipotizzato nel documento preliminare, si è preferito non modificare sul punto la vigente legge regionale 9/1995, che continua a disciplinare i procedimenti amministrativi di competenza regionale, ma di predisporre una nuova e separata disciplina, con l’abrogazione dei corrispondenti articoli della l.r. 9/1995 e conseguente modifica del titolo.

L’articolo 5 ribadisce l’esclusione tendenziale dell’obbligo di motivazione (salvi casi particolari disciplinati in successivi articoli) per l’esercizio dell’accesso. La Regione, nell’ottica del coordinamento con la disciplina relativa alla pubblicazione degli atti regionali sul Bollettino, recentemente modificata, e alla pubblicazione degli atti degli enti locali, promuove la trasparenza dell’azione amministrativa favorendo la più ampia pubblicità degli atti attraverso i siti istituzionali delle amministrazioni.

L’articolo 6 individua i documenti conoscibili mediante il diritto di accesso.

L’articolo 7 disciplina i casi di esclusione e limitazione del diritto di accesso: in particolare il comma 1 opera un rinvio ad alcuni dei casi di esclusione previsti dalla l. 241/1990 (es. segreto di stato, segreto industriale, procedimenti tributari, istanze preordinate ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa); i commi da 2 a 4 rinviano alla disciplina nazionale in materia di tutela della riservatezza dei dati personali con le relative limitazioni all’esercizio del diritto di accesso anche nel territorio toscano.

Gli articoli da 8 a 10 contengono disposizioni di carattere procedurale, facendo salva l’autonomia degli enti locali per gli specifici aspetti organizzativi. Si segnala (articolo 9, comma 3) la significativa riduzione del termine per rispondere all’istanza di accesso, in coerenza con quanto stabilito dalla sezione III, relativa alla riduzione dei tempi burocratici.

Sezione II – Responsabile della correttezza e della celerità del procedimento

L’articolo 11 della proposta dà attuazione alla previsione dell’articolo 54, comma 2, dello Statuto volta a un’effettiva riduzione dei tempi burocratici. In primo luogo si introduce la figura del responsabile della correttezza e celerità del procedimento: si tratta di un soggetto diverso dal responsabile del procedimento medesimo, individuato fra i dirigenti di ciascuna direzione generale della Giunta. I compiti del responsabile si sostanziano in attività di monitoraggio circa il rispetto delle norme giuridiche e di buona amministrazione sottese ai procedimenti. Il responsabile della celerità può agire d’ufficio o su impulso dei privati o del difensore civico.

Sezione III – Riduzione dei tempi burocratici

Alle innovazioni in tema di responsabile della correttezza e della celerità del procedimento si affianca un’incisiva modifica delle disposizioni sui termini di conclusione dei procedimenti per tutte le ipotesi di conclusione con un provvedimento espresso (non va infatti dimenticato che la Regione Toscana da tempo sta operando nel senso di generalizzare il ricorso agli strumenti del silenzio-assenso e della denuncia di inizio attività, che rappresentano di per sé, al di là degli altri profili semplificatori, una soluzione del problema "tempi burocratici").

L’articolo 12 riduce a trenta giorni il termine massimo di durata dei procedimenti nelle materie di competenza legislativa regionale. Termini superiori a trenta giorni possono essere disposti con disposizione di legge o di regolamento. Tuttavia al legislatore futuro è posta una limitazione consistente nell’obbligo di motivare specificamente circa il superamento del termine suddetto.

L’articolo 13 detta le scadenze per l’adeguamento della normativa regionale ai nuovi termini di conclusione dei procedimenti, prevedendo la generalizzazione del termine di trenta giorni in caso di inerzia del legislatore.

Per quanto attiene ai termini di conclusione dei procedimenti regionali stabiliti in atti amministrativi, il comma 1 prevede, oltre alla fissazione del tetto massimo di centoventi giorni, una generalizzata riduzione da attuarsi mediante deliberazione della Giunta. Anche in questo caso l’eventuale inerzia dell’organo di governo comporterà la riduzione a trenta giorni di tutti i termini contenuti in atti amministrativi.

Previsione analoga a quella del comma 1, ma con riferimento alla durata dei procedimenti di competenza degli enti dipendenti dalla regione, è stabilita dal comma 2.

Un’ulteriore riduzione di termini, anche se previsti dagli enti locali, è accordata dall’articolo 14 alle imprese in possesso di specifiche certificazioni.

A ulteriore garanzia della certezza dei tempi la Regione Toscana, prima in Italia, istituisce un indennizzo per tutte le ipotesi di mero ritardo a favore dei soggetti promotori, con le loro istanze, di procedimenti amministrativi da concludersi con provvedimento espresso (articolo 15): non si tratta quindi di un risarcimento per danni (profilo sottratto alla competenza regionale), ma di una sanzione simbolica (l’importo è di 100 euro per ogni dieci giorni di ritardo fino a un massimo di 1000 euro) a carico della Regione e delle aziende sanitarie. Agli enti locali è data facoltà di inserire analoghe previsioni nei loro ordinamenti. Le procedure di corresponsione dell’indennizzo da parte della Regione sono stabilite dall’articolo 16, mentre per le aziende sanitarie sono ovviamente rimesse alla loro autonomia organizzativa.

Sezione IV – Partecipazione telematica al procedimento amministrativo

La sezione IV estende al procedimento amministrativo la facoltà di utilizzare la telematica nei rapporti con l’amministrazione nelle modalità descritte all’articolo 3 (elezione di domicilio digitale per i privati e istituzione di domicilio amministrativo telematico per le amministrazioni).

Per la trasmissione del provvedimento finale, a causa della particolare rilevanza e dei possibili risvolti processuali, si è ritenuto necessario garantire la certezza dell’effettivo ricevimento e della data dello stesso, per cui si è imposto l’utilizzo della posta elettronica certificata o di strumenti che ai sensi della normativa statale vigente forniscano analoghe garanzie di certezza circa l’identità del mittente, la data dell’invio e della ricezione.

Sezione V – Modifiche alla legge regionale 20 gennaio 1995, n. 9 (Disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di accesso agli atti)

In conseguenza delle innovazioni introdotte nel capo I del titolo II sono state previste modifiche testuali e abrogazioni di disposizioni della l.r. 9/1995.
Capo II – Disciplina della conferenza di servizi

La proposta di legge sulla semplificazione costituisce l’occasione per una rivisitazione dell’istituto della conferenza dei servizi, la cui disciplina generale, risalente al 1996, risulta non più in linea con l’evoluzione normativa prodottasi a livello statale sul testo della legge 241/1990 a partire dal 1993. Sono state inoltre introdotte significative innovazioni per favorire la trasparenza e la celerità dell’azione amministrativa.

La portata dell’intervento modificativo ha reso pertanto necessario un’integrale riforma della conferenza, che si è rivelata non più compatibile con l’ipotesi di puntuali modifiche da apportare alla legge regionale 76/1996 (Disciplina degli accordi di programma e delle conferenze dei servizi), prospettata nel documento preliminare.

Nella nuova impostazione, la conferenza viene a configurarsi quale luogo di concertazione tra una pluralità di soggetti, pubblici e privati, portatori di istanze proprie nell’ambito di uno o più procedimenti amministrativi.

A seguire si illustrano i relativi articoli del capo II.

Art. 20: l’articolo, oltre a definire le finalità della legge, ne chiarisce il campo di applicazione. Per garantire effettività alla riforma, la Regione intende, secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 2 dello Statuto, applicare la propria normativa anche alle conferenze promosse dagli enti locali, ritenendo che una pluralità di discipline in tema di conferenza di servizi sul territorio della Toscana sia in patente contraddizione con i principi e gli obiettivi di semplificazione che la presente proposta persegue.

Art. 21: viene delineato un modello procedimentale improntato ai principi del coordinamento e della leale collaborazione da seguire qualora sia necessario, o comunque opportuno, effettuare una valutazione contestuale e un bilanciamento di più interessi pubblici coinvolti. Il modello proposto è atto a consentire la conclusione del confronto mediante una determinazione dell’amministrazione procedente in grado di sostituire le volontà delle amministrazioni convocate. All’amministrazione procedente viene quindi attribuito un ruolo guida, al fine di semplificare e accelerare i processi decisionali.

Rispetto all’impostazione della vigente legge 76/1996, l’istituto della conferenza di servizi è stato rafforzato, divenendo lo strumento organizzativo per la raccolta, valutazione ed espressione dei diversi interessi coinvolti nel procedimento.

Si è previsto il ricorso alla conferenza quale modulo procedurale obbligatorio laddove debbano essere acquisiti da altre amministrazioni atti di assenso comunque denominati e gli stessi non siano resi entro un termine predefinito dalla richiesta e si è intervenuti per superare il modello di conferenza riferito ad un unico procedimento amministrativo, prevedendo la possibilità di ricorso ad essa anche nell’ipotesi di più procedimenti tra loro connessi, che riguardino la medesima attività o tendano al medesimo risultato.

Non è più previsto il ricorso all’istituto della conferenza nell’ipotesi – contemplata dall’art. 13 della l.r. 76/1996 – di procedimenti amministrativi in cui sono coinvolte più articolazioni interne della struttura regionale.

Art. 22: si è introdotta la convocazione in via telematica della conferenza e sono stati definiti termini certi per la convocazione, per soddisfare esigenze di semplificazione e celerità del procedimento.

Art. 23: si introduce nell’ordinamento il principio di pubblicità dei lavori della conferenza: esso opera senz’altro rispetto alle conferenze convocate dalla Regione Toscana, salva la possibilità, in casi particolari, di disporre diversamente ma motivando; agli enti locali è invece data facoltà di svolgere pubblicamente le conferenze da essi convocate. Si sono definiti termini certi per la conclusione dei lavori in misura ancora più ridotta di quella indicata nel documento preliminare. Questo termine non opera nel caso in cui le norme vigenti o la conferenza stessa dispongano diversamente.

Art. 24: si è introdotta la partecipazione ai lavori della conferenza dei concessionari, dei gestori o degli incaricati di pubblici servizi e si è prevista per gli stessi la facoltà – estesa ai soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali, collettivi o diffusi – di proporre osservazioni, in tutti i casi senza diritto di voto.

Art. 25: si sono disciplinate le modalità attraverso le quali la Regione è rappresentata alle conferenze di servizi convocate dalla Regione stessa o da altre pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’attuale assetto organizzativo dell’ente.

Art. 26: si è disciplinato il dissenso da parte di una o più amministrazioni convocate alla conferenza e l’ipotesi in cui l’assenso di un’amministrazione sia subordinato all’accoglimento di specifiche prescrizioni.

Art. 27: si è intervenuti sulle modalità decisionali abbandonando la necessità del consenso unanime delle amministrazioni per l’assunzione della determinazione finale, che costituiva un pesante aggravio sull’efficienza del processo decisionale, sostituendolo con una determinazione conclusiva del procedimento assunta dal responsabile sulla base delle specifiche risultanze della conferenza e delle posizioni prevalenti espresse in questa sede, al fine di garantirne l’effettiva conclusione anche in presenza di dissensi (ma sono fatte salve le ipotesi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela di interessi critici, vale a dire tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico e della salute e pubblica incolumità). Nello schema delineato dalla proposta, la conferenza non ha quindi natura di organo dotato di soggettività giuridica autonoma ma solo di modello organizzativo di gestione di procedure complesse, che riverbera i suoi effetti sulla determinazione finale, facente capo alla sola amministrazione procedente.

Art. 28: si è disciplinata l’ipotesi di dissenso manifestato da amministrazioni, diverse da quelle statali, preposte alla cura di interessi critici, rimettendo la decisione dall’amministrazione procedente alla Giunta regionale e facendo precedere tale deliberazione dal parere del Consiglio delle autonomie locali.

Art. 29: per quanto riguarda lo svolgimento delle conferenze di servizi in via telematica, si è rinviato ad una deliberazione della Giunta regionale che stabilirà le relative modalità tecnico-procedurali. E’ ovviamente possibile fin da subito lo svolgimento di conferenze in via telematica laddove le amministrazioni coinvolte concordino preventivamente tali modalità.

Art. 30: al fine di assicurare alle amministrazioni la necessaria certezza sul quadro normativo di riferimento in materia di conferenza di servizi, si sono indicati esplicitamente gli articoli della legge 241/1990 che continuano ad applicarsi, in quanto riguardanti fattispecie non disciplinate dal presente capo.

Art. 33: si è prevista una disciplina transitoria per le conferenze di servizi già convocate alla data di entrata in vigore della proposta.

Capo III – Misure per l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nello svolgimento dei procedimenti di competenza degli sportelli unici per le attività produttive (SUAP)

L’obiettivo che il legislatore statale ha inteso perseguire attraverso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) è quello di una semplificazione dei rapporti tra impresa e pubblica amministrazione, realizzando i principi di trasparenza, economicità, efficacia ed efficienza che devono informare l’azione amministrativa.

Il SUAP è previsto dagli articoli 23 e seguenti del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – emanato in attuazione della legge di delega n. 59 del 1997 (prima legge Bassanini) – e si configura quale referente unico dei soggetti che intendono insediare o trasformare impianti produttivi di beni e servizi, sia per il rilascio dei necessari titoli abilitativi che per la diffusione di informazioni in materia.

A completamento del quadro normativo di riferimento è stato emanato il d.p.r. 20 ottobre 1998, n. 447 (Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione degli impianti produttivi), che in attuazione dell’articolo 20 della legge n. 59/1997 e dell’articolo 25 del D.Lgs n. 112/1998 ha ricondotto nell’ambito di un’unica procedura facente capo al SUAP tutti i procedimenti per la localizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione e riconversione dell’attività produttiva, nonché per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati adibiti ad uso di impresa.

Recentemente il legislatore statale è intervenuto nuovamente in materia di sportello unico con l’articolo 38 del decreto legge n. 112/2008 dettando i principi che dovranno ispirare la riforma dell’istituto. In particolare, si afferma il principio del SUAP quale "unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva" (comma 3, lettera a).

In attesa di tale riforma e nel rispetto dei suddetti principi, la Regione ha ritenuto comunque opportuno introdurre nella presente proposta di legge disposizioni volte a rafforzare l’istituto dello sportello unico quale strumento di semplificazione amministrativa attraverso l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con l’obiettivo fra l’altro, di ridurre possibili difformità interpretative e di uniformare gli adempimenti necessari per ciascun tipo di procedimento.

In particolare, la proposta configura il SUAP come unico referente in relazione a tutte le vicende amministrative concernenti l’insediamento e l’esercizio di attività produttive e a tutte le fasi del procedimento amministrativo (articolo 35, comma 1), e prevede l’adeguamento della normativa regionale a tale principio entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge (articolo 35, comma 4).

Nella proposta viene effettuata una deroga al suddetto principio in relazione ai procedimenti di interesse dell’azienda agricola, per i quali si applica l’articolo 11 della l.r. 45/2007 che prevede la disciplina per l’attivazione dei procedimenti che interessano le aziende agricole tramite la dichiarazione unica aziendale (DUA). Peraltro, si evidenzia che il suddetto articolo 11 viene modificato in questa stessa legge all’articolo 67. Per il contenuto di tale modifica si rinvia al titolo III capo IX.

Con l’articolo 36 si stabilisce che, a partire dall’istanza dell’interessato, l’intero iter procedimentale si svolge per via telematica tramite la rete regionale dei SUAP, una struttura tecnologica ad hoc che consente il collegamento e la trasmissione degli atti tra l’utente, lo sportello unico e gli enti che intervengono nel procedimento (articolo 39).

L’articolo 37 prevede che forme di assistenza gratuita per la presentazione allo sportello unico delle dichiarazioni e delle domande vengono assicurate agli utenti dallo stesso SUAP, e che la Regione promuove la diffusione di prassi applicative uniformi.

Gli obiettivi generali della trasparenza e dell’uniformità delle procedure sono perseguiti mediante l’istituzione della banca dati regionale SUAP (articolo 41), nella quale sono raccolti la normativa applicabile, gli adempimenti procedurali e la modulistica da utilizzare per ciascun procedimento (comma 2), tenuto conto anche delle prescrizioni dei singoli regolamenti comunali (comma 4).

I contenuti della banca dati regionale SUAP sono accessibili sia tramite il sito istituzionale regionale per le imprese (articolo 40) che tramite i siti istituzionali dei singoli SUAP (articolo 42).

I suddetti siti istituzionali consentono inoltre di acquisire informazioni complete e puntuali circa le opportunità di insediamento, le attività formative e di promozione finanziaria previste per l’avvio e per l’esercizio di attività produttive nel territorio regionale In aggiunta, attraverso il sito istituzionale del SUAP competente per territorio gli interessati possono conoscere lo stato di avanzamento del procedimento e gli atti adottati nell’ambito di questo.

Nell’ottica di una completa informatizzazione dei procedimenti amministrativi attivati presso lo sportello unico, la Regione promuove la stipula di convenzioni con gli enti statali che intervengono negli stessi, sia per assicurare un regime di interoperabilità telematica con i relativi sistemi informativi (articolo 36, comma 5), che per addivenire ad una elaborazione condivisa della banca dati regionale in relazione alle informazioni concernenti gli endoprocedimenti di loro competenza (articolo 41, comma 6).

L’articolo 44 introduce misure di semplificazione specifiche per i procedimenti edilizi relativi a impianti produttivi. In particolare, si stabilisce che l’elenco della documentazione e degli elaborati da produrre in relazione agli interventi e alle opere realizzate è uniforme su tutto il territorio regionale (comma 1) e che una volta ultimati i lavori le certificazioni di cui all’articolo 86 della l.r. 1/2005 e quelle prescritte dalla normativa in materia di sicurezza sono presentate al SUAP per via telematica unitamente alla dichiarazione di inizio attività, ove prevista (comma 2). In entrambi i casi la modulistica da utilizzare è standardizzata e inserita nella banca dati regionale (comma 3).

Infine, l’articolo 45 prescrive quale condizione per l’accesso degli enti locali ai finanziamenti regionali in tema di promozione dell’amministrazione elettronica (l.r. 1/2004) la dichiarazione da parte degli stessi di aver ottemperato alle prescrizioni del capo testè illustrato.
Capo IV – Semplificazione degli adempimenti in materia di subingresso e mutamento del regime sociale in attività economiche

L’articolo 46 sancisce il principio per cui in tutte le attività economiche soggette ad autorizzazione o altro atto abilitativo espresso nelle materie di competenza regionale, non è necessario il rinnovo del titolo – sostituito da una semplice comunicazione – qualora la società autorizzata subisca una variazione del regime sociale, o un mutamento della compagine, nonché nell’eventualità di subingresso. Questa previsione opera nella sola ipotesi in cui l’autorizzazione sia subordinata esclusivamente al possesso di requisiti di carattere oggettivo (ad esempio determinate caratteristiche strutturali di un impianto o di uno stabilimento). Si enuncia così esplicitamente un principio che trova già attuazione in numerose leggi regionali e che informerà la futura legislazione toscana.

L’articolo 47 prevede la promozione di convenzioni fra i comuni e le camere di commercio al fine di semplificare gli adempimenti relativi a subingresso, mutamento della compagine sociale o del regime societario per attività economiche soggette ad autorizzazione o altro titolo abilitativo, ivi inclusi i casi di denuncia di inizio attività e di silenzio-assenso previsti dalla normativa vigente.
Titolo III – Interventi di semplificazione di carattere settoriale

Capo I – Fatturazione elettronica

L’articolo 48 costituisce attuazione per la Toscana dei principi contenuti nell’articolo 1, commi da 209 a 213 della l. 244/2007 (finanziaria 2008). In esso quale misura di semplificazione si prevede l’obbligo, nei rapporti con la Regione, gli enti da essa dipendenti, le aziende sanitarie e gli enti del servizio sanitario regionale, di emettere fatture in formato elettronico, demandando la disciplina degli aspetti tecnici a un regolamento regionale. A garanzia dell’effettività della norma si prevede altresì che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale le amministrazioni non possono più accettare fatture non emesse in formato elettronico.

Il comma 5 promuove il ricorso alla fatturazione elettronica anche nei rapporti con gli enti locali attraverso convenzione e forme di incentivazione per gli enti situati in territori svantaggiati.
Capo II – Semplificazione in materia di autorizzazione all’esercizio cinematografico. Modifiche alla legge regionale 27 dicembre 2004, n. 78 (Disposizioni in materia di autorizzazione all’esercizio cinematografico)

La Regione, con legge 27 dicembre 2004, n. 78 (Disposizioni in materia di autorizzazione all’esercizio cinematografico) ha dato attuazione al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, che prevedeva una razionalizzazione della distribuzione territoriale delle sale cinematografiche. La normativa toscana ha introdotto una specifica autorizzazione per l’esercizio cinematografico per sale con più di trecento posti, rilasciata dal competente ufficio della Giunta, sulla base di un criterio quantitativo misurato su base provinciale (utilizzando un coefficiente risultante dal rapporto fra popolazione della provincia e posti cinematografici esistenti). Tale autorizzazione era configurata come endoprocedimento all’interno di un procedimento di autorizzazione unica, comprensiva di tutti i titoli previsti dalle leggi vigenti in materia (a cominciare da quelli urbanistici) di competenza di altri enti, da rilasciarsi attraverso lo sportello unico per le attività produttive.

A distanza di quattro anni dall’applicazione, la disciplina, ancorché innovativa, ha tuttavia palesato dei limiti, essenzialmente sotto il profilo di una difficile articolazione fra l’autorizzazione regionale e quelle di competenza di altri enti, e in particolare dei comuni: infatti, pur avendo le rispettive discipline autonomia da un punto di vista concettual-giuridico, nella pratica si sono riscontrate talora seri problemi nell’inserimento di un’autorizzazione regionale all’interno di complesse procedure urbanistiche in larga misura già avviate, se non concluse.

La Giunta con la proposta in esame ha così deciso di fare un ulteriore passo in direzione della semplificazione degli adempimenti nella materia in questione, devolvendo anche l’autorizzazione all’esercizio ai comuni (art. 49), i quali prevedono la con testualità fra questa autorizzazione e il titolo edilizio (art. 50); le autorizzazioni saranno rilasciate sulla base degli indicatori elaborati dalla Regione (art. 51) per garantire una disciplina uniforme sul territorio regionale che appare comunque opportuna. Le modifiche introdotte renderanno necessario un adeguamento del regolamento di attuazione (articoli 52 e 53), e solo a far data dall’entrata in vigore del nuovo regolamento le modifiche alla l. r. 78/2004 qui introdotte esplicheranno i loro effetti; fino ad allora ovviamente continuerà ad applicarsi l’attuale normativa.
Capo III – Abolizione di certificati in materia igienico-sanitaria

Uno degli obiettivi della proposta di legge consiste nello snellimento di una serie di procedure amministrative in materia igienico-sanitaria, nelle quali è previsto l’obbligo della presentazione di certificati sanitari e documenti analoghi. Si tratta di procedimenti su cui un intervento normativo della Regione è giuridicamente fattibile, poiché esse, in alcuni casi, sono generalmente disciplinate da fonti normative secondarie dello Stato, e talvolta addirittura da atti di rango inferiore (decreti ministeriali, circolari, etc.). In altri casi, la disciplina è invece rinvenibile all’interno di fonti legislative, nelle quali però l’obbligo della produzione di tali certificati non è stata considerata alla stregua di un principio fondamentale cui la legislazione regionale debba attenersi, come si preciserà oltre. Al contrario, essi rappresentano spesso dispendiosi aggravi burocratici, la cui previsione non è più giustificata neanche dal punto di vista dell’evidenza scientifica, considerata la recente evoluzione delle pratiche igienico- sanitarie. In tale direzione, si è già mossa la regione Toscana con

l’eliminazione – convalidata dalla corte costituzionale – del libretto di idoneità sanitaria per gli operatori del settore alimentare (l.r. 24/2003); anche altre Regioni (Lombardia, Friuli- Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Piemonte) hanno emanato negli ultimi anni leggi abolitrici di numerosi certificati sanitari.

I certificati e i documenti, del cui obbligo di presentazione si propone l’abolizione, attengono principalmente all’accertamento dello stato di idoneità fisica o psicofisica del richiedente, funzionale all’assunzione ad un impiego o allo svolgimento di attività tecniche (a titolo meramente esemplificativo, si possono citare il certificato di idoneità psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di formazione professionale, il libretto di idoneità sanitaria per i parrucchieri, il certificato di idoneità alla conduzione di impianti di risalita). La formulazione tecnica prescelta è stata quella per cui è abolito l’obbligo di presentazione dei certificati elencati, qualora siano richiesti nell’ambito di procedimenti amministrativi di competenza della Regione e degli enti locali; all’inizio dell’articolo è specificato che tale abolizione ha vigore nelle more dell’adozione di un decreto ministeriale previsto dalla legge 133/2008, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata, che dovrà individuare puntualmente le disposizioni da abrogare.
Capo IV – Modifiche alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti)
L’attuale disciplina del commercio su aree pubbliche, fissata dalla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del commercio. Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti, sanziona (articolo 104) l’esercizio abusivo dell’attività prevedendo, oltre al pagamento di una somma di denaro, il sequestro cautelare delle attrezzature e delle merci e la successiva confisca delle stesse ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

Gli istituti del sequestro e della confisca risultano però inapplicabili nelle ipotesi in cui il trasgressore si sia dato alla fuga abbandonando sul suolo pubblico la merce postavi abusivamente in vendita. La legge 689/1981 e le relative disposizioni attuative (d.p.r. 29 luglio 1982, n. 571), prescrivono infatti, da parte dell’autorità amministrativa procedente, adempimenti che presuppongono la presenza fisica del trasgressore o comunque la sua identificazione.

Ne consegue che nelle ipotesi di merce abusivamente posta in commercio su aree pubbliche e ivi abbandonata all’atto dell’accertamento, l’autorità amministrativa competente non può che procedere secondo la disciplina prescritta dal codice civile per le cose rinvenute (articoli da 927 a 931), la quale comporta la custodia delle medesime per un periodo di tempo superiore ad un anno.

La frequenza con cui si verifica il fenomeno di fuga del trasgressore con abbandono della merce comporta per i comuni la necessità di disporre di spazi sempre più ampi da destinare alla custodia in attesa che si compia il termine per poter procedere allo smaltimento delle cose non reclamate.

Tale quadro di riferimento rende opportuna l’introduzione, nella proposta di legge di semplificazione 2009, di norme che permettano di semplificare e di dare celerità al procedimento amministrativo, consentendo altresì agli organi di polizia municipale una più efficace azione di vigilanza sul fenomeno del commercio abusivo.

Di seguito si illustrano le modifiche apportate al codice, contenute nell’articolo 56 della proposta.

L’articolo 105 bis del codice prevede l’immediato sequestro della merce offerta abusivamente in vendita, anche se situata all’interno di contenitore chiusi ove questi siano riferibili inequivocabilmente al trasgressore.

Ai sensi dell’articolo 105 ter, il pubblico ufficiale di polizia amministrativa che accerta e contesta la violazione degli articoli 13, 14 e 31 della l.r. 28/2005 redige un processo verbale di sequestro in forma semplificata, nel quale le cose sequestrate sono raggruppate secondo tipologie merceologiche, senza l’obbligo di indicarne il numero.

L’articolo 105 quater stabilisce le modalità di conservazione delle cose sequestrate, che alla presenza del trasgressore vengono riposte in un idoneo contenitore adeguatamente sigillato e dotato di una etichetta inamovibile sulla quale sono riportate tutte le informazioni relative al sequestro.

L’articolo 105 quinquies disciplina l’ipotesi di fuga del trasgressore all’atto dell’accertamento della violazione, con conseguente abbandono della merce offerta in vendita sul suolo pubblico. Decorsi trenta giorni dal sequestro – eseguito con le stesse modalità previste dai due articoli precedenti – senza che sia pervenuta richiesta di restituzione da parte di persona che si dichiari proprietaria delle cose sequestrate, il comune competente a ricevere il verbale di sequestro può procedere alla distruzione delle stesse.

In caso di generi alimentari o di prodotti deperibili, l’articolo 105 sexies dispone che all’atto del sequestro il pubblico ufficiale informi il trasgressore che le cose sequestrate saranno devolute in beneficenza o distrutte, e che pertanto è sua facoltà proporre immediatamente opposizione al sequestro (comma 1). Il comune competente a ricevere il processo verbale di sequestro può disporre la devoluzione in beneficenza delle cose sequestrate ove queste siano dichiarate idonee, sotto il profilo igienico-sanitario, dall’azienda unità sanitaria locale competente per territorio (comma 2).
Capo V – Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio)

L’articolo 56 della proposta modifica l’articolo 79 della l.r. 1/2005. Tale modifica introduce un’importante semplificazione per il procedimento delle varianti in corso d’opera relative a interventi per cui sia già stato rilasciato un permesso di costruire.

Dette varianti, qualora non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le prescrizioni contenute nel permesso di costruire, possono essere realizzate mediante denuncia di inizio attività. La medesima disposizione è già contenuta nell’articolo 22 del d.p.r. 380/2001.

L’articolo 57 modifica l’articolo 82 della l.r. 1/2005 introducendo un’importante semplificazione perché attribuisce solo al professionista abilitato (e non anche al responsabile del procedimento per alcuni specifiche ipotesi) le funzioni che attengono alla certificazione dei requisiti igienico – sanitari delle costruzioni.

L’articolo 58 modifica l’articolo 83 della l.r. 1/2005 prendendo doverosamente in considerazione la tipologia di interventi indicati nell’articolo 149 del codice dei beni culturali e del paesaggio (Interventi non soggetti ad autorizzazione). Conseguentemente, per le varianti in corso d’opera che non comportino sospensione dei lavori sussisterà esclusivamente l’obbligo di deposito del progetto dell’opera (con evidente semplificazione del procedimento), così come effettivamente realizzata qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano conformi agli atti di cui all’articolo 52 della l.r. 1/2005 e ai regolamenti edilizi vigenti e non in contrasto con quelli adottati né con le eventuali prescrizioni contenute nel titolo abilitativo;

b) che non comportino modifiche della sagoma né innovazioni che incidano sui parametri urbanistici e sulle dotazioni di standard;

c) che non si tratti di beni tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero che gli interventi, pur riguardando beni tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, rientrino tra quelli indicati all’articolo 149 del codice medesimo.

L’articolo 59 modifica l’articolo 88 della l.r. 1/2005, stabilendo che il termine per l’entrata in vigore della disciplina a regime per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con le nuove forme della delega di funzioni ai comuni, coincida con quello stabilito dal codice dei beni culturali e del paesaggio; tale termine, contenuto nell’articolo 159 del codice, è stato fissato al 30 giugno 2009 con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti).
L’articolo 60 modifica l’articolo 205 bis della l.r. 1/2005; la modifica del comma 3 riconduce al medesimo termine indicato all’articolo 88, visto sopra, il termine a partire dal quale la Regione esercita direttamente le competenze relative all’autorizzazione paesaggistica per i comuni che, pur delegati, non fossero adeguati all’esercizio della delega. L’abrogazione del comma 4 è necessaria per evitare difficoltà interpretative, in quanto tale norma è stata superata dallo spostamento del termine dell’articolo 159 del codice dei beni culturali e del paesaggio al 30 giugno 2009.
Capo VI – Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 (Disposizioni in materia di energia)

La proposta di modifica opera su alcuni commi dell’articolo 23 della legge regionale 39/2005 (Disposizioni in materia di energia):

Oggetto dell’articolo è il rendimento energetico degli edifici mentre i commi di cui si propone l’abrogazione disegnano una particolare procedura per l’inserimento di uno specifico obbligo di pannelli solari termici in tutti i nuovi edifici, pari ad almeno il 50% di fabbisogno di acqua calda sanitaria. Con tale abrogazione e la corrispondente modifica dei commi 7 e 12 dello stesso articolo si fa diretto riferimento alle prescrizioni sulle fonti rinnovabili contenute nel d.Lgs. 192/2005, di più facile applicazione, che potranno poi essere ricomprese nel regolamento di recepimento della direttiva 2002/91/CE già previsto al comma 7.

Nell’intento di incentivare la produzione e l’utilizzo delle fonti rinnovabili in ambito civile si sono stratificati una serie di adempimenti normativi su fattispecie simili ma non uguali. Poiché questi obblighi ricadenti sul cittadino non coincidono del tutto non si verifica una abrogazione espressa o tacita della disposizione previgente rispetto alla successiva ma un pericoloso effetto di sommatoria degli stessi adempimenti, nel caso migliore, o l’incertezza sulla regola da applicare da parte di cittadini, operatori e amministrazioni, nel caso peggiore.

Quanto prescritto dai commi 2, 3, e 4 dell’articolo 23 della legge regionale 39/2005 consisteva a suo tempo nella prima applicazione di un obbligo che legava un utilizzo di fonti rinnovabili al consumo dell’edificio: in questo caso la previsione tout court dell’istallazione di impianti solari termici pari al 50% del fabbisogno annuale di acqua calda sanitaria a seguito di una intesa promossa dalla Regione Toscana.

A tale previsione si sono però succeduti:

  • le disposizioni di cui ai commi 12 e 13 dell’allegato I del d.lgs. 192/2005;

  • la disposizione introdotta dalla legge finanziaria 2007 e quindi sostituita dalla l. 24/12/2007 n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato "legge finanziaria 2008"), articolo 1, comma 289.

Rispetto a tali disposizioni la prescrizione di cui ai commi 2, 3 e 4 succitati risulta limitata, rigida, di problematica applicazione. Quindi, sia per problemi insiti nella norma che prevede un meccanismo rigido e di difficile applicazione, sia perché ad essa si sono sommate successive disposizioni nazionali, si è formata una situazione di incertezza di regole fra cittadini, operatori ed amministrazioni, che non tutela il cittadino né promuove le fonti rinnovabili: si stanno verificando, in sede di permesso di costruire, gli opposti estremi della richiesta di adempiere a più prescrizioni incrociate o la mancata applicazione di ogni prescrizione normativa sul tema, in attesa di un intervento chiarificatore regionale.

La normativa europea di riferimento è la direttiva 2002/91/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rendimento energetico nell’edilizia). che non prevede obblighi specifici sul solare termico ma un quadro unitario sull’efficienza energetica in edilizia in cui, nel calcolo del rendimento energetico di un edificio, si considerano gli apporti da fonti rinnovabili.

Nei fatti si è verificato che:

  • gli obiettivi di ridurre il consumo di fonti fossili e le emissioni climalteranti, obiettivi che permeano le predette disposizioni, si soddisfano non solo con una produzione di energia termica ma anche di energia elettrica da parte del circuito edilizio;

  • sia per non imporre obblighi immotivati, sia per promuovere la diffusione degli interventi, è più opportuno lasciare al progettista dell’edificio la decisione di quale o quali fonti rinnovabili utilizzare per raggiungere obiettivi indicati: se la fonte solare termica è la più diffusa per l’energia termica non è motivato però precludere a priori altre strade.

E’ urgente quindi eliminare un meccanismo, come detto, problematico in vista di una applicazione chiara delle disposizioni del d .lgs. 192/2005

Ciò che risulta opportuno è che la Regione specifichi meglio all’interno del regolamento già previsto per il recepimento della direttiva 2002/91/CE le prescrizioni già date dal d .lgs. 192/2005 (che di tale direttiva è il recepimento a livello nazionale) in un’ottica integrata.

Con tale modifica, di conseguenza, si rimuove un meccanismo rivelatosi rigido e farraginoso, si riduce la ridondanza delle norme, e si fa diretto riferimento alle prescrizioni sulle fonti rinnovabili contenute nel d. lgs. 192/2005, più ampie (perché riguardano sia l’energia termica che quella elettrica e anche le ristrutturazioni complete), più duttili e facili da applicare (poiché è possibile utilizzare altre fonti rinnovabili oltre al solare e poiché si prevede un minimo di differenziazione degli obblighi secondo la tipologia di edificio), e che potranno essere ulteriormente specificate secondo le situazioni tramite il regolamento di recepimento della direttiva 2002/91/CE di cui al comma 7.

Si procede quindi ad abrogare i commi richiamati e a richiamare il d. lgs. 192/2005 nel regolamento di cui al comma 7, e viene abrogata la specifica sanzione per la non istallazione di pannelli solari termici. Si applicheranno le sanzioni generali per le norme per l’efficienza energetica in edilizia.
Capo VII – Modifiche alla legge regionale 16 giugno 2008, n. 36 (Disciplina dell’attività trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente)

La necessità della modifica dell’articolo 4 della l. r. 36/2008 si è presentata in seguito ad una più puntuale riflessione sulla rispondenza del previgente testo al contenuto precettivo dell’articolo 2, comma 4, della legge 11 agosto 2003, n. 218 (Disciplina dell’attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente) che, fermo restando il regime autorizzativo della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), stabilisce che le imprese di trasporto viaggiatori mediante noleggio autobus con conducente, in qualsiasi forma costituite, si considerano abilitate all’esercizio dei servizi di noleggio con conducente.

Nella riscrittura del nuovo testo dell’articolo 4 (art. 62) si è inteso il termine "regime autorizzativo", contenuto nella legge nazionale, come riferito alla procedura di contingentamento dei posti, messi a gara dai bandi comunali, che rimane ferma.

Il nuovo articolo 4 stabilisce in modo più chiaro e rispondente alla ratio di favore voluta dal legislatore nazionale, che è l’Impresa titolare di autorizzazione, in quanto tale, abilitata a concorrere.

Il secondo comma del nuovo articolo 4, in linea con la interpretazione offerta, impone all’impresa di adibire al servizio di noleggio di autovettura e motocarrozzetta i soggetti autorizzati di cui all’articolo 6 della legge 218/2003, in possesso della Patente cat. D e di apposita abilitazione professionale. ex articolo 116, comma 8, d. lgs 285/1992 oppure i soggetti che risultino iscritti nell’apposita sezione del ruolo dei conducenti di cui alla l.r. 67/1993 della provincia alla quale appartiene il Comune che ha proceduto al rilascio dell’autorizzazione.

In dipendenza della modifica apportata al testo dell’articolo 4, si è provveduto con una norma transitoria (articolo 64) a disciplinare i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di semplificazione, che si concluderanno con la normativa previgente.

Con la modifica all’articolo 10 della l. r. 36/2008 (articolo 63 della proposta) è stato disciplinato in maniera compiuta il regime transitorio al quale sono soggette le licenze di noleggio di autobus con conducente rilasciate dai comuni.

Fermo restando l’obbligo per i titolari di licenza di fare richiesta alla Provincia per ottenere il rilascio della autorizzazione entro il termine previsto dalla legge (che è stato aumentato), si è stabilito che le licenze in essere mantengano la loro efficacia sino al rilascio dell’autorizzazione (o al diniego di rilascio della stessa). In questo modo si è ovviato alla penalizzazione dei titolari di licenze NCC prevista dalla previgente disposizione che collegava la perdita di efficacia delle licenze al solo compiersi del termine per inoltrare la richiesta e, per altro verso, si consente alle Province di procedere all’istruttoria per il rilascio della nuova autorizzazione con la tempistica necessaria.

Si è infine eliminata la penalizzazione di cui alla ultima parte del secondo comma dell’articolo 2 che, per coloro che non avessero fatto richiesta di autorizzazione, impediva di presentare la richiesta di autorizzazione prima di un anno dalla scadenza del termine e si è, invece, prevista la decadenza della licenza qualora il titolare non adempia alla richiesta di autorizzazione nel termine assegnato.

La norma previgente, certamente voluta per i suoi effetti sollecitatori alla richiesta, è apparsa eccedente lo scopo e suscettibile di generare procedure contenziose considerato che limitava il presupposto di un’attività economica senza giustificato motivo.
Capo VIII – Modifiche alla legge regionale 1° luglio 1999, n. 36 (Disciplina per l’impiego dei diserbanti e geoinfestanti nei settori non agricoli e procedure per l’impiego dei diserbanti e geodisinfestanti in agricoltura)

La comunicazione preventiva per l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze ad azione diserbante o geoinfestante, destinate all’agricoltura, prevista dal vigente articolo 4 aveva come obiettivo il monitoraggio finalizzato ad individuare le aree, dove l’ uso di tali prodotti comporta rischi di natura ambientale e/o sanitaria. A seguito della suddetta zonizzazione solo i soggetti operanti in queste zone sarebbero stati soggetti alla comunicazione preventiva.

Il mutamento del quadro normativo nazionale e regionale ha indotto a rivalutare la disciplina dell’articolo 4 della l.r. 36/1999.

Pur confermando la necessità di monitorare l’utilizzo dei prodotti fitosanitari contenenti sostanze ad azione diserbante e geodisinfestante, si ritiene necessario eliminare inutili oneri amministrativi per le imprese e prevedere in luogo della comunicazione preventiva, l’obbligo di registrazione dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari in agricoltura. Al fine di semplificare le procedure si prevede che tale registrazione venga effettuata su registri già esistenti per l’adempimento di obblighi previsti da altre normative (registro tenuto ai sensi del d.p.r. 290/2001 o altri registri aziendali tenuti per l’adempimento di impegni comunitari (misure agroambientali del PSR) o regionali (l.r. 25/1999) completi delle informazioni previste dal registro dei trattamenti di cui al d.p.r. 290/2001).

Inoltre, la zonizzazione di cui all’articolo 4, comma 5 della l.r. 36/1999 è oggetto di una disciplina specifica prevista ai sensi del disposto dell’articolo 93 del decreto legislativo 152/2006 che rimanda alle regioni l’individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari e la disciplina di utilizzazione degli stessi.
Capo IX – Modifiche alla legge regionale 27 luglio 2007, n. 45 (Norme in materia di imprenditore e imprenditrice agricoli e impresa agricola)

Il vigente articolo 11 della l.r. 45/2007 prevede l’istituzione della dichiarazione unica aziendale (DUA) quale strumento per semplificare la presentazione della documentazione e unificare i termine ed i formati di richiesta per i procedimenti direttamente ed indirettamente collegati al profilo e alle unità tecnico- economiche delle aziende agricole. Per il conseguimento di queste finalità è stato previsto (articolo 11, comma 2) che il titolare di un’azienda agricola con la presentazione della DUA all’ARTEA aggiorna i dati della propria azienda inseriti nell’anagrafe regionale delle aziende agricole e fornisce tutte le informazioni preliminari ai procedimenti di interesse dell’azienda. Inoltre, è stato stabilito un principio in base quale per procedimenti di interesse dell’azienda le cui informazioni preliminari sono contenute nella DUA è possibile l’attivazione automatica da parte dell’ente titolare del procedimento senza necessità di richiedere agli interessati ulteriori adempimenti. Per l’attuazione di questo principio il legislatore nel 2007 ha ritenuto di rinviare ad una convenzione tra ARTEA e gli enti titolari del procedimento, la scelta dei procedimenti da gestire tramite la DUA e ha inoltre indicato a titolo esemplificativo che i procedimenti attivabili tramite la DUA possono riguardare richieste di benefici finanziari e richieste di certificazioni autorizzazioni o concessioni.

Con la modifica:

-si eliminano dall’elenco dei procedimenti che possono essere attivati tramite la DUA, le richieste di autorizzazioni, certificazioni e concessioni; (articolo 66, comma 1);

  • si elimina il meccanismo che rinviava la scelta dei procedimenti da gestire tramite la DUA a convenzioni ARTEA/ enti locali; (articolo 66, comma 2);

-si introduce una disposizione che stabilisce che l’individuazione dei procedimenti attivabili tramite la DUA sarà fatta nelle singole discipline di settore. Resta ferma invece al previsione che le richieste di aiuti sono attivabili tramite la DUA (articolo 66, comma 3)

La modifica ha lo scopo di superare possibili dubbi interpretativi in relazione alla conformità delle vigenti previsioni con il principio fissato nell’articolo 38 del d. l. 112/2008 che indica il SUAP come il punto unico di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative concernenti l’insediamento e l’esercizio di attività produttive e di garantire una semplificazione dei procedimenti di interesse dell’azienda agricola uniforme sul territorio regionale che sarà realizzata dalla Regione nell’ambito delle singole normative e nel rispetto del principio sopra richiamato.
Titolo IV – Semplificazione del sistema normativo regionale

Capo I – Semplificazione del sistema normativo regionale

La riduzione della normazione primaria, insieme al miglioramento qualitativo delle tecniche redazionali, nonché al riordino e alla manutenzione sistematici della normativa vigente, costituiscono elementi portanti del generale processo di snellimento e semplificazione dell’ordinamento.

Già dal 1999 la Regione ha intrapreso uno sforzo sistematico di rivisitazione della propria produzione normativa, che ha condotto all’approvazione di tre leggi di abrogazione:

  • legge regionale 10 marzo 1999, n. 12, con la quale sono state abrogate 358 leggi;

  • legge regionale 29 febbraio 2000, n. 19, con la quale sono state abrogate 374 leggi e 27 regolamenti;

  • legge regionale 2 aprile 2002, n. 11, con la quale sono state abrogate 583 leggi e 8 regolamenti.

A distanza di circa sei anni dall’ultimo intervento si intende procedere pertanto ad una nuova operazione abrogatrice, che riguarda 202 leggi e 22 regolamenti.

Come nei casi precedenti si propone l’abrogazione di leggi e regolamenti che, a seguito di una puntuale verifica eseguita dalle direzioni competenti nell’arco di alcuni mesi, risultano non più operanti e quindi vigenti solo formalmente – onde se ne rende necessaria l’abrogazione esplicita per ragioni di pulizia ordinamentale – oppure già implicitamente abrogati, suscitando a loro volta l’esigenza di pulizia sopra accennata.

L’intervento riguarda l’abrogazione di intere leggi e regolamenti, e non quella di singoli articoli degli stessi.

Con particolare riferimento ai regolamenti regionali si coglie l’occasione di fare chiarezza nei casi in cui, a seguito della sentenza n. 313 del 2003 della Corte costituzionale che restituì al Consiglio la potestà regolamentare nelle more dell’approvazione dello Statuto, furono riapprovati dal Consiglio stessi regolamenti precedentemente approvati dalla Giunta, che non furono abrogati espressamente allora data la delicatezza della questione istituzionale.

Circa la formula di abrogazione si è considerata la possibilità di errori nella ricostruzione del tessuto delle abrogazioni implicite e più ancora di quelle differite; in particolare, quanto a queste ultime, nonostante la sempre maggiore precisione nell’utilizzo delle tecniche legislative, si sono comunque verificati dei casi in cui l’effetto abrogativo delle leggi si è prodotto solo a far data dall’acquisto di efficacia di atti diversi dai regolamenti (vedasi ad esempio il piano integrato della cultura, di cui alla l.r. 27/2006).

Di fronte a tali situazioni si è operata una scelta di chiarezza in ragione della quale si effettua un’abrogazione espressa anche quando questa si sostanzi in una riabrogazione di disposizioni già abrogate implicitamente, o addirittura esplicitamente. Si utilizza a tale scopo la formula abrogativa "sono o restano abrogate".
Titolo V – Disposizioni finali
Capo I – Disposizioni finali

L’articolo 68 prevede che la Regione adegui, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di semplificazione, la propria normativa a quanto stabilito dalla legge stessa.

Relativamente alle risorse finanziarie, nel bilancio di previsione sono state accantonate specifiche risorse sul fondo speciale per i nuovi provvedimenti legislativi, destinate a far fronte agli eventuali indennizzi previsti dall’articolo 15, per ritardo nei procedimenti di competenza regionale.

In relazione invece alle disposizioni di cui al titolo II, capo III le misure di competenza regionale sono già previste e finanziate nell’ambito del vigente Programma sulla Società dell’informazione, non determinando pertanto oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.

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