Intervento alla conferenza degli anziani

Saluto con piacere tutti i presenti a questa mattinata di approfondimento organizzata allo scopo di avere un primo momento di confronto su una tematica come quella degli interventi verso la popolazione anziana che riveste fondamentale importanza per il governo della sanità e del sociale.
Credo sia stato importante organizzarla come Conferenza dei Sindaci della USL.
In questo ultimo anno la Conferenza dei Sindaci della USL ha predisposto e approvato una serie di atti fondamentali per lo sviluppo integrato delle nostre comunità locali in merito alla sanità ed al sociale. Quando abbiamo pensato ad essi abbiamo proprio pensato nello spirito di questo sviluppo integrato come unica strada possibile, indipendentemente dalla legge, per un salto di qualità dell’ottimo livello di governo raggiunto in ogni singolo comune.
In particolare il Piano Attuativo Locale come strumento di programmazione della sanità nella USL11 e l’Accordo di programma sull’immigrazione per la realizzazione di una politica di governo di questa materia basata su strutture sovracomunali nuove e più efficienti. Inoltre abbiamo iniziato una rilevazione di dati sulla presenza e la consistenza, comune per comune, dei servizi sociali.
In questo quadro si colloca anche l’iniziativa odierna.
Dicevo indipendentemente dalla legge perché ritengo siano fondamentali un paio di considerazioni:
Oggi, le comunità locali sono sempre più “sistemi” socio economici la cui dimensione non può essere più ricondotta solamente alla territorialità, ma, anzi, esse hanno, e avranno sempre più, dei confini fondati sulle reali interconnessioni delle varie materie del vivere quotidiano (l’economia, i servizi, la sanità, etc.) ognuna delle quali ha una propria specificità ed ognuna delle quali ha un proprio ambito ottimale per poter essere governata. Nel caso della sanità e del sociale questo livello è rappresentato dal territorio compreso nei comuni della USL.
A questo livello di governo occorrono però, per poter funzionare, alcune cose di fondo: una maggiore potere ed una maggiore autonomia, dei programmi chiari, delle forti interconnessioni con un sistema a rete basato sull’associazionismo, il volontariato, gli interessi sociali organizzati, etc.
In questo approccio globale che si realizza nelle comunità locali, le politiche socio assistenziali divengono la “nuova frontiera” poiché risultano strettamente legate con le dinamiche che uniscono all’aspetto sanitario anche quello residenziale, economico, fiscale, del lavoro, della casa, dell’ambiente, della cultura, della formazione.
E’ il Comune, la comunità locale nel suo insieme, dunque, che, potendo contare su un maggior potere ed una maggiore autonomia di indirizzo e di programmazione sul territorio ampio definito in base ad un ambito ottimale di programmazione, può andare ad affrontare le specificità, le interconnessioni, il carattere multidimensionale del bisogno e risolverlo nell’ambito di un sistema, che seppur complesso, rimane gestibile perché locale.
La nostra legislazione, di converso, è centralizzata e settorializzata, produce azioni frammentate sempre più collegate alle emergenze (basta vedere i decreto sull’immigrazione) con interventi ex post o legati a fattori di bilancio come decurtazione di spesa e non come messa in gioco di risorse.
L’Ente locale deve diventare luogo di sintesi dei punti di forza e di debolezza di una comunità, capace di immediato contatto con il bisogno, ma anche luogo di accoglienza e di valorizzazione delle risorse sociali, spazio di interpretazione di una pluralità di istanze culturali e civili.
Il ruolo del Comune è dunque determinante nelle politiche e nei servizi finalizzati al vivere delle persone, tenendo conto che nella società che andremo a costruire ci sarà sempre più bisogno di organizzare servizi e sempre meno bisogno di produrre oggetti.
Nei 10 Comuni della zona Empolese-Valdelsa vi sono 133.000 abitanti circa. Di essi circa 26.000, pari al 20%, hanno una età superiore ai 65 anni. Di essi circa 4.800 vivono da soli.
E’ chiaro che questo è un punto di attenzione forte. La crescita continua della popolazione anziana richiede delle scelte politiche decisive nel senso in cui dicevo prima.
Sappiamo già quello che è il livello dei servizi in questa area per la popolazione anziana. Dobbiamo solamente cercare di leggerlo meglio perché questo ci consentirà di programmare meglio il futuro dei servizi medesimi.
Leggerlo meglio significa partire dai dati.
La verifica dei servizi per gli anziani è essenziale: essa ci deve servire per chiarire e per programmare sapendo che l’allungamento della vita porta inevitabilmente ad un deficit della autonomia e che la riorganizzazione degli ospedali porta a dover riorganizzare i servizi in maniera sempre più puntuale ed idonea.
La verifica dei servizi serve a capire i punti di forza ed i punti di debolezza, i dati economici, consente dei raffronti seri con le altre realtà.
Serve a capire le modificazioni che intercorrono nel tempo e dunque a progettare anche strumenti e servizi nuovi, mettere in discussione argomenti, scelte e servizi già consolidati.
La verifica dei servizi serve, prima di tutto, a capire le specificità.
Qui occorre fare un grande sforzo. Se lo scenario di fondo è l’aumento della popolazione anziana, una organizzazione moderna ed efficiente dei servizi non può non tenere di conto delle specificità.
Dietro ogni servizio erogato vi sono “persone”, uomini e donne, anziani, con una loro specificità.
Vi è l’anziano maturo che accetta realisticamente la propria situazione, è autosufficiente e trae soddisfazione dalle relazioni sociali. E’ attivo. Ha molti interessi. Non ha rimpianti per il passato, vive gli anni da vivere con attivismo e progetti realistici.
C’è l’anziano soddisfatto della propria passività. Ha accolto con sollievo il pensionamento e come liberazione dalle responsabilità. Necessita di soddisfare i bisogni di dipendenza e trova negli altri il proprio supporto emotivo.
C’è l’anziano ansioso e preoccupato di invecchiare
C’è quello pessimista e depresso, che guarda alla morte come alla liberazione
C’è quello non autosufficiente e quello disabile.
C’è chi vive profondamente la solitudine e che la può superare solo con la socializzazione, attraverso rapporti da recuperare per dare uno scopo.
Per tutti aggiungere anni alla vita non basta, ma bisogna aggiungere vita e vitalità agli anni. Questo potrà avvenire meglio con la solidarietà e dando fiducia.
Questa specificità non ci deve preoccupare, ma ci deve rasserenare nella consapevolezza che, seppur vero richieda una capacità di intervento poliedrica, quasi personalizzata, essa consente però anche di vedere questo come una risorsa.
L’utopia è quella di avere come riferimento la persona non come genericamente intesa, ma la persona con nome e cognome. Questo è il massimo per chi viene assistito e per la struttura che lo assiste.
Nome e cognome per sapere come intervenire, ma anche nome e cognome perché soggetto che può aiutare chi interviene, lo può sollecitare, può mettere meglio a disposizione la sua specificita come risorsa per se e per gli altri.
Nome e cognome come bisogno di comprendere meglio, di riflettere sui fenomeni, con il contatto diretto, seguendo e rafforzando un percorso già usato.
Ecco perché occorre partire dalla verifica dei servizi.
Essa si inizia partendo anche dai dati di spesa attualmente presenti.
Passo ad illustrare un primo tentativo in tal senso che viene dall’analisi dei dati, ancora non esatti e non verificati al 100%, che riguardano la gestione dei servizi e degli interventi sugli anziani del Comune di Empoli
Da una rilevazione dei dati quantitativi occorrerà passare successivamente ad una rilevazione dei dati qualitativi.
Occorrerà predisporre una serie di schede di qualità basate sul concetto della partecipazione degli utenti e degli operatori alla verifica.
Esse dovranno giungere ad una serie di indicatori di qualità che porteranno ad individuare il livello del servizio e, all’interno di alcune linee guida e di alcuni vincoli che dovranno essere preimposti politicamente, a delle proposte organizzative e di impostazione atte al miglioramento.
Il fattore strategico di fondo che presiede a tutto questo è però determinato dal fatto che una azione realmente efficace può essere svolta solamente in presenza di una organizzazione efficiente e di personale qualificato.
In particolare il personale: troppo spesso lo vediamo come bene accessorio, come variabile indipendente, staccato dalle scelte politiche ed organizzative.
Ma come possono aversi procedure amministrative celeri e ben congegnate, controlli efficaci e ben strutturati, risparmi economici di buona gestione, se non si è dotati di personale amministrativo di qualità.
Come possono aversi piani di intervento seri senza il personale tecnico aggiornato ed all’altezza di svolgere il proprio compito in maniera moderna e qualificata.
Una pubblica amministrazione che si propone di svolgere primariamente compiti di programmazione, coordinamento, promozione, valutazione non potrà mai esercitare il proprio ruolo utilizzando un apparato amministrativo vecchio sotto il profilo della qualità degli organici, dei sistemi informativi, dei modelli organizzativi.
Ecco perché a livello politico occorre capire che si pone l’esigenza di concepire il personale come il vero fattore strategico per il successo dell’azione amministrativa e di conseguenza, pur nei limiti della legislazione, di porre in essere modelli organizzativi che consentano politiche del personale realmente incisive.
La lettura dei bisogni, la rilevazione delle risorse, la programmazione, il lavoro di rete, la valutazione dei servizi richiedono il possesso di specifiche capacità professionali e la disponibilità di strumentazioni idonee, oltre che una reale motivazione personale.
In questo diviene strategico anche il momento della formazione e dell’approfondimento. Questo anche per dare più peso ad una qualità del personale che, allo stato attuale, si presenta, nella nostra realtà, di buon livello.
Ho lasciato per ultimo, forse perché non ci credo in maniera ideologica, il problema del modello di riferimento da usare per organizzare i servizi.
Io credo che se teniamo conto delle cose che dicevo sommariamente prima non vi siano e non debbano esistere modelli precostituiti. Occorre:
– Equilibrio flessibile tra assistenza a domicilio e RSA
– Qualità socialmente accettabile: miglior livello di assistenza con il maggiore interesse relazionale e vitale
– Compatibilità con le risorse disponibili
– Chiarezza legislativa nel rapporto tra sanità e sociale e chiarezza di ruoli tra USL e Comuni
– Individuazione delle forme migliori di gestione

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